La Toscana e la sua legge elettorale, dopo tre prove

Di Enrico Calossi, Direttore OPI

L’esito delle elezioni regionali toscane, e in particolare il risultato inatteso della candidata presidente Antonella Bundu, ha riacceso il dibattito sulla legge elettorale toscana. In particolare, ha suscitato scalpore la scoperta da parte di molti toscani della presenza di una diversa soglia di sbarramento per le liste che corrono in coalizione (il 3% dei voti validi) rispetto alla soglia per le liste che corrono in solitaria (il 5%). In realtà non si tratta di una novità, perché le attuali regole elettorali furono stabilite con la legge regionale n. 51, approvata dal Consiglio Regionale toscano il 26 settembre 2014. Ciò significa che anche i due precedenti appuntamenti elettorali regionali (nel 2015 e nel 2020) erano stati affrontati con le stesse regole. In passato però non era mai accaduta l’anomala situazione di una lista che rimanesse sotto la soglia del 5%, mentre il candidato presidente ad essa collegato otteneva più del 5%. Da qui dunque anche l’ipotesi di ricorso da parte delle componenti di Toscana Rossa (lista formata dall’alleanza tra Rifondazione Comunista, Potere al Popolo e Possibile) nell’ottica, se non altro, di aprire una riflessione per modificare la legge elettorale toscana. Il dibattito che è emerso sulla legge elettorale toscana ci spinge infatti a ragionare anche su altri aspetti problematici della normativa elettorale.

 

La presentazione delle liste

Una seconda anomalia è rappresentata dalla modalità di presentazione delle liste. Infatti, la legge prevede che per presentarsi alle elezioni vadano raccolte, in modo autenticato da un pubblico ufficiale e certificato dalle anagrafi comunali, un numero non indifferente di firme di sostegno. Nel dettaglio 700 firme o più nelle circoscrizioni con più di 200mila abitanti (cioè tutte le province toscane, tranne la provincia di Massa-Carrara) e 525 sottoscrizioni nelle circoscrizioni meno popolose (quindi anche la circoscrizione di Firenze 3 – la provincia di Firenze è divisa in quattro circoscrizioni).  La raccolta di firme non è facilissima, infatti nel 2025 tre liste si sono arrese perché non hanno raccolto le firme necessarie in almeno 9 circoscrizioni su 13: nel dettaglio, PCI, Forza del Popolo e Democrazia Sovrana e Popolare. Ebbene, la legge però esenta dalla raccolta delle firme le liste già rappresentate nel Consiglio Regionale. Ovviamente, se anche queste fossero obbligate alla raccolta, il meccanismo di presentazione sarebbe più difficile per tutti, visto che la firma “di solidarietà” da parte di sostenitori di altri partiti verso le poche liste che stanno effettivamente raccogliendo non sarebbe più possibile. Dall’altro lato, però, un abbassamento del numero di firme necessarie metterebbe tutte le liste su un piano di parità e di fatto, visto che le firme vanno raccolte tra il 60esimo e 30esimo giorno prima delle votazioni, allungherebbe la durata della campagna elettorale e la visibilità stessa della competizione elettorale, favorendo, forse, la partecipazione (e poi l’affluenza) degli elettori.

 

La distribuzione dei consiglieri tra le circoscrizioni

Infine, una terza particolarità riguarda il modo in base al quale vengono eletti i 40 consiglieri regionali nelle varie circoscrizioni. Come premessa va detto che ad ogni circoscrizione viene assegnato un numero teorico di seggi in base alla popolazione. Come si vede dalla tabella 1, la percentuale del peso della popolazione di ciascuna provincia sulla popolazione complessiva della regione corrisponde più o meno al peso percentuale della circoscrizione sul numero dei seggi teorici. Livorno risulterebbe leggermente sovrarappresentata mentre Pisa risulterebbe un poco penalizzata.

Tabella 1: Circoscrizioni, abitanti e consiglieri regionali teorici

Provincia Abitanti % Abitanti Consiglieri teorici % Consiglieri Diff. Ab-Con
Arezzo 333.646 9,1 4 10 0,9
Firenze 1 362.353 9,9 4 10 0,1
Firenze 2 249.719 6,8 3 7,5 0,7
Firenze 3 174.185 4,8 2 5 0,2
Firenze 4 203.203 5,6 2 5 -0,6
Grosseto 215.328 5,9 2 5 -0,9
Livorno 325.431 8,9 4 10 1,1
Lucca 380.693 10,4 4 10 -0,4
Massa Carrara 186.759 5,1 2 5 -0,1
Pisa 418.561 11,4 4 10 -1,4
Pistoia 290.036 7,9 3 7,5 -0,4
Prato 261.094 7,1 3 7,5 0,4
Siena 259.826 7,1 3 7,5 0,4

La realtà però è che i seggi realmente proclamati non corrispondono a quelli assegnati alle varie circoscrizioni. Infatti, il meccanismo di assegnazione prevede che, una volta appurata l’elezione del presidente della giunta regionale (cioè il candidato che ottiene il maggior numero di voti, purché ottenga almeno il 40% dei voti validamente espressi), la lista o il gruppo di liste (la coalizione) che lo sostengono ottiene 24 seggi come premio di maggioranza, mentre i restanti 16 spettano alle minoranze.

I 24 seggi vengono poi distribuiti tramite il metodo d’Hondt tra le liste che sostengono il candidato presidente vincitore (dal 1995 ad oggi il vincitore è sempre stato sostenuto da un gruppo di liste coalizzate). Infine, una volta assegnata per ogni lista il numero di seggi (ad esempio, nella tornata attuale 15 seggi al PD, 4 a Casa Riformista, 3 ad Alleanza Verdi Sinistra e 2 al Movimento 5 Stelle) si passa alla distribuzione dei seggi alle varie circoscrizioni. Il primo seggio viene eletto dunque nella provincia nella quale la lista ha preso il maggior numero di voti. Avendo la provincia di Firenze circa 950mila abitanti ed avendo la seconda provincia (Pisa) meno della metà degli abitanti (poco più di 400mila), il primo seggio scatta, per tutte le liste sempre nella Provincia di Firenze. Per le liste con molti eletti (questa volta PD e Fratelli d’Italia), questo non è un grande problema, perché eleggono comunque almeno un consigliere in ogni provincia o quasi. Per le liste minori (cioè quelle che ottengono meno consiglieri) risulta che il primo consigliere è sempre quello di Firenze, mentre il secondo, il terzo e il quarto (non si va oltre nella distribuzione dei seggi) di solito varia tra Pisa, Lucca, Arezzo e Livorno. Il risultato finale è che la provincia di Firenze elegge sempre almeno un consigliere per ogni lista, raccogliendo dunque un numero finale di consiglieri superiore al numero teoricamente assegnato.

Ma non finisce qui: anche nella distribuzione interna alla provincia di Firenze tra le quattro circoscrizioni (Firenze 1, cioè Firenze città; Firenze 2, Mugello Valdisieve Valdarno Chianti; Firenze 3, Empolese – Valdera; Firenze 4, Piana Fiorentina) il meccanismo di distribuzione favorisce la circoscrizione nella quale la lista ha ottenuto più voti assoluti. Pertanto, risulta che il primo seggio della provincia scatta sempre per Firenze 1. Il risultato finale è che non solo la provincia di Firenze risulta più rappresentata, ma che ancor di più risulta sovrarappresentata la circoscrizione Firenze 1, cioè la città di Firenze.

 

Tre elezioni a confronto

Questo fu subito evidente durante le elezioni del 2015, come dimostra la figura 1.

Figura 1: Elezioni 2015, percentuale degli abitanti e dei consiglieri

La città di Firenze, che nel 2015 rappresentava il 10,2% della popolazione toscana, espresse il 17,5% dei 40 consiglieri regionali toscani. Una leggera sovra-rappresentazione favorì anche la provincia di Pisa, mentre tutte le altre circoscrizioni risultarono penalizzate.

La figura 2 evidenzia come la sovra-rappresentazione della città del giglio fu ancora più marcata per le elezioni del 2020.

Figura 2: Elezioni 2020, percentuale degli abitanti e dei consiglieri

In quella occasione Firenze-città si trovò a pesare per il 20% dei consiglieri regionali (con 8 eletti), mentre anche Arezzo, Firenze 2 e Siena risultarono sovrarappresentate.

Nel 2025 la disproporzionalità fiorentina (figura 3) è stata meno evidente. Stavolta anche un’altra circoscrizione (Pisa) ha eletto lo stesso numero di seggi di Firenze, sei. Oltre a Firenze, dunque, anche Pisa e, in modo più limitata, la circoscrizione Firenze 2 e la provincia di Massa-Carrara sono state sovra-rappresentate.

Figura 3: Elezioni 2025, percentuale degli abitanti e dei consiglieri

L’affluenza elettorale

Complessivamente si può osservare che a Firenze-città si è eletto, stavolta, un consigliere ogni 60mila elettori, mentre a Firenze 4 (la Piana fiorentina) uno ogni 200mila. La sproporzione è evidente così come è evidente che nelle tre tornate elettorali affrontate con la legge n. 51 Firenze 1 è sempre stata sovrarappresentata (anche in modo abbondante), mentre Firenze 2, Firenze 4, Grosseto, Livorno, Lucca, Pistoia e Prato sono sempre state sotto-rappresentate. Si pensi, come ulteriore nota di riflessione, che la seconda città della Toscana, Prato, che ha più della metà degli abitanti di Firenze, a causa dei meccanismi elettorali nel 2020 ha espresso un solo consigliere regionale contro gli otto del capoluogo.

Dopo tre campagne elettorali questo stato dell’arte sembra avere anche delle conseguenze concrete su altri aspetti, ad esempio sulla partecipazione dei cittadini. La figura 4 presenta le differenze di affluenza tra le elezioni del 2015 e quelle del 2025 (le elezioni del 2020 sono fuori scala perché nello stesso giorno si votò per un referendum nazionale e per diversi rinnovi di sindaci e consigli comunali). Ebbene, a Firenze 1 in dieci la partecipazione è cresciuta, mentre a Grosseto, Livorno, Lucca, Massa-Carrara e Siena (province quasi o sempre sottorappresentate) l’affluenza è calata. Esistono anche casi in controtendenza, come Prato, che è sempre stata sottorappresentata ma che comunque vede un aumento della partecipazione. Forse serviranno altre prove, ma già al momento appare aneddotico che nelle circoscrizioni destinate ad essere sottorappresentate le liste più piccole e i candidati di quelle liste cominciano a fare campagne elettorali meno convinte, destinando meno tempo e risorse. Del resto, si elegge a Firenze (e forse a Pisa o Lucca): pertanto quelle diventano le circoscrizioni per le quali tutti i partiti si impegnano di più. Non è un caso, dunque, che a Firenze gli elettori risultino più informati e forse più inclini ad andare a votare.

Figura 4: Differenza dei dati tra l’affluenza per le elezioni 2015 e 2025

 

Conclusioni e proposte

Come uscire da questa difficoltà? Ammesso che ci sia interesse e forza, cosa che è da dubitare perché è improbabile che la nutrita pattuglia di consiglieri fiorentini possa votare qualcosa che danneggi la propria (facilitata) rieleggibilità. Ma su un piano teorico una soluzione potrebbe essere l’adozione di un sistema elettorale simile a quello utilizzato per le elezioni dei consigli provinciali tra il 1993 e il 2014. Una volta assegnato il numero di consiglieri alle varie liste, i singoli consiglieri scatterebbero nelle circoscrizioni nelle quali la lista ha ottenuto una percentuale (e non i voti assoluti) più alta. Una volta assegnati i seggi alla lista con più eletti si passerebbe alla seconda, che seguirebbe lo stesso criterio. Via via, tutte le liste seguirebbero lo stesso schema, con la particolarità che ogni circoscrizione smetterebbe di far eleggere consiglieri una volta raggiunto il numero massimo “teorico”, a questo punto veramente reale, di consiglieri a disposizione. In questo modo le circoscrizioni e le province avrebbero sicuramente una rappresentanza proporzionata alla propria popolazione.

Una soluzione ancora più semplice potrebbe essere quella di rinunciare alla prima ripartizione dei consiglieri tra province, in quanto facilita enormemente la provincia di Firenze. In questa prospettiva, si potrebbe prevedere una distribuzione fondata sulle circoscrizioni elettorali, dividendo il territorio fiorentino nelle attuali quattro circoscrizioni oppure due, qualora si ritenesse opportuno evitare un effetto di penalizzazione eccessiva per la provincia di Firenze. Tale configurazione, pur non assicurando una proporzionalità perfetta nella rappresentanza, garantirebbe comunque una maggior varianza, da elezione ad elezione, nel determinare quale provincia risulterebbe più rappresentata.

Per concludere, la legge regionale, dopo tre prove, forse necessita delle correzioni, sia per quanto riguarda la doppia soglia di sbarramento (perché una lista coalizzata deve essere più favorita rispetto a quella che ha scelto di correre in solitaria?), sia nel meccanismo di raccolta delle firme, sia nel garantire una equa rappresentanza per tutte le circoscrizioni. Tutte sfide che oggi potrebbero concretamente aprirsi.

 

Disclaimer: i dati sono stati raccolti grazie al supporto di Gianmarco Avantaggiato, Viola Bazzardi, Federico Carzedda, Piera Morrone, Giorgio Rizzo, studenti tirocinanti presso l’Osservatorio su politica e istituzioni (OPI) del Dipartimento di Scienze Politiche – Università di Pisa.

 

Intervista al prof. Calossi sulle elezioni regionali in Toscana

Il 17 ottobre 2025 è stata pubblicata sul quotidiano La Nazione un’intervista al prof. Enrico Calossi (Direttore di OPI) sulle recenti elezioni regionali in Toscana.

Di seguito il link per accedervi:

Seggi, astensione record «Serve un election day e stop al bipartitismo»
Il professore Calossi (Scienze Politiche): «Firenze? Troppi vantaggi»
Cisternino (informatico Unipi): «Puntare anche sul voto elettronico»

Seminario su “Democrazia in Regressione?” – 7 aprile

Lunedì 7 aprile 2025, alle ore 8:45 (Aula A0 – Polo didattico delle Piagge), la Prof.ssa Azul A. Aguiar Aguilar, docente di Scienza Politica presso l’ITESO – Università Gesuita di Guadalajara (Messico), terrà un seminario sul tema “Democrazia in Regressione? Tendenze Autoritarie e Populismo in Messico”.

Il seminario si inserisce all’interno del corso in Scienza della Politica del Prof. Salvatore Sberna ed è promosso nell’ambito del progetto di ricerca europeo BridgeGap.

Azul A. Aguiar Aguilar è Professoressa Associata in Scienza Politica presso l’ITESO – Università Gesuita di Guadalajara (Messico). I suoi ambiti di ricerca includono la qualità della democrazia, le istituzioni di accountability e l’autocratizzazione in America Latina. Ha pubblicato numerosi studi sulle trasformazioni istituzionali in Messico, con particolare attenzione sull’evoluzione del sistema giudiziario.

Per maggiori informazioni: locandina e copia del saggio che verrà presentato e discusso, pubblicato sul Journal of Democracy (1/2025). 

Locandina_Mexico

Aguiar_Is Mexico at the Gates of Authoritarianism_

 

 

BridgeGap Talk Series – Anticorruption in Progress 3

Speaker: Manoel Gehrke (University of Pisa)

When: 18 March – 16.00 CET

Where: Online. Register to join here

Reversing Corruption Convictions of Former Heads of Government: Dependent High Courts as Institutional Fail-Safes for Political Elites

Authors: Luciano Da Ros (Department of Sociology and Political Science, Federal University of Santa Catarina, Brazil) and Manoel Gehrke (Department of Political Science, University of Pisa, Italy)

When former heads of government are criminally convicted for corruption by the judiciary of the countries they once ruled, are these decisions definitive, or are they later reversed? Particularly, what role do the high courts play in overturning these decisions? This study hypothesizes that high courts that are more politically dependent vis-à-vis the lower courts have higher chances of reversing convictions than high courts that are relatively more independent. That is, the gap in judicial independence between the highest and the other courts makes reversals of corruption convictions of former heads of government more likely. The article tests this institutional fail-safe hypothesis using the novel Heads of Government Convicted of Crimes (HGCC) dataset, which includes all convictions of former heads of government (presidents, prime ministers and dictators) between 1946 and 2022. Overall, the results indicate that even when one of the most severe forms of accountability are deployed, the room for reversal is significant and may be embedded into the institutional design as a fail-safe for political elites against anticorruption policies, such as enhancing the independence of the lower courts, whose costs may be excessive.

The BridgeGap Talk Series 

Want to make a real difference in the fight against corruption? The BridgeGap Talk Series is your chance to connect with leading experts and rising stars in the field. Join the BridgeGap experts as they share their knowledge on multidisciplinary research and innovative tools designed to combat corruption. Join the conversation and help build a more transparent and accountable world.

In this third edition, Manoel Gehrke, postdoctoral researcher at University of Pisa, will discuss the paper “Reversing Corruption Convictions of Former Heads of Government: Dependent High Courts as Institutional Fail-Safes for Political Elites”. 

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Le reazioni dei partiti italiani alle elezioni federali tedesche del 2025

 

Rapporti tra partiti fratelli “Sister parties”

Da sempre i partiti politici intrattengono relazioni internazionali con partiti di altri Paesi. Questo serve per scambiare opinioni ed esperienze, coordinare le proprie attività istituzionali, formare i propri quadri, condurre campagne transnazionali, etc. A maggior ragione la cooperazione avviene tra i partiti della stessa famiglia politica e all’interno del pervasivo ambiente istituzionale rappresentato dall’Unione Europea. Dunque, per i partiti della Paesi della UE, questi rapporti con i “partiti fratelli” (“sister parties” in inglese) possono avvenire sia nell’ambito delle Internazionali mondiali (ad es. l’Internazionale Socialista, l’Internazionale Democratica Centrista, l’Internazionale Liberale, etc.) ma anche all’interno degli attori finanziati dall’Unione Europea: cioè all’interno dei partiti politici europei o nei gruppi politici del Parlamento Europeo (PE). Su quale dei due ambiti sia il più utile è il più proficuo esiste un dibattito tutt’ora in corso, ma appare evidente che i gruppi parlamentari del PE, avendo più risorse e legittimità, siano considerati dai partiti nazionali il terreno più ambito nel quale cooperare. Infine, i partiti possono cooperare nel mondo più classico, cioè direttamente, tramite la cooperazione bilaterale transnazionale. Questo commento si concentra su come i rapporti bilaterali tra i partiti italiani e quelli tedeschi abbiano prodotto reazioni diverse in seguito alle elezioni federali tedesche che si sono tenute domenica 23 febbraio 2025.

I risultati elettorali e il nuovo Bundestag

Il primo dato da segnalare è la crescita della partecipazione elettorale dei cittadini. Dei 60 milioni di aventi diritto l’82,5% si sono recati alle urne, che rappresenta la partecipazione più alta mai raggiunta dalla Germania riunificata nel 1990: un balzo di 6,2% rispetto al 2021.

Analizzando nel dettaglio le performances dei vari partiti, si parte dal rendimento dei tre partiti che sono stati partner di governo nell’esecutivo Scholz dal 2021 al 2024. Tutti e tre escono dalle urne come i grandi sconfitti. I Verdi hanno limitato i danni, calando solo del 3,1%, mentre Socialisti e Liberali hanno avuto tracolli rilevanti. I socialisti della SPD hanno perso ben 9,3 punti percentuali, puniti loro peggior risultato nella storia della repubblica federale tedesca; i liberali hanno subito un calo meno consistente (-7,1%), ma questo è bastato per relegarli sotto la soglia di sbarramento del 5% ed espellerli dal Bundestag. Tra gli sconfitti anche il nuovo partito personale “Alleanza Sahra Wagenknecht” (BSW). I sondaggi pre-elettorali lo davano costantemente oltre il 5% fino a poche settimane dal voto o addirittura in crescita rispetto al 6,17% ottenuto alle elezioni europee: il 4,97% ottenuto domenica sa di beffa, ma rappresenta comunque una sconfitta per la storica esponente della sinistra tedesca.

Altri tre partiti, oltre al piccolo partito della minoranza danese, eleggono al Bundestag e, a vario grado, risultano come i vincitori di queste elezioni. Vince ovviamente l’estrema destra dell’Alternative fur Deutschland (AfD), il cui successo era ampiamente previsto dai sondaggi d’opinione e che è stato confermato con il 20,8%, ben 10,3 punti in più rispetto a quattro anni fa. Mai un partito di estrema destra aveva raggiunto queste percentuali nella Germania del dopoguerra. Però, molto probabilmente, i 152 deputati dell’AfD non serviranno a formare alleanze nel nuovo parlamento. Infatti, l’Unione tra CDU e CSU, pur ottenendo con il 28,5% dei voti (+4,4% rispetto a quattro anni fa) il secondo peggior risultato della sua storia, è risultata comunque vincitrice e ha già escluso un’alleanza di governo con l’AfD, dimostrando che il cordone sanitario contro l’estrema destra ancora tiene. Rimane dunque la strada di una nuova edizione della Grosse Koalition con i socialisti dell’SPD. Anche se definirla “grosse” appare questa volta un eufemismo, visto che tale eventualità potrà basarsi solo su 328 seggi. Appena 13 seggi garantirebbero la maggioranza all’interno del Bundestag (316 seggi su 630 membri): il più piccolo margine di sempre. Per questo si ipotizza anche un ingresso dei Verdi in maggioranza.

Infine, dall’altro lato dello spettro politico, è da segnalare la crescita di Die Linke, che negli ultimi mesi ha saputo sganciarsi da sondaggi elettorali impietosi (nei quali ondeggiava sul 2%, addirittura sotto il magro 2,7% ottenuto alle elezioni Europee del giugno 2024) e alla fine ha raggiunto l’8,8%, crescendo di quasi 4 punti rispetto alle precedenti elezioni. I 64 seggi ottenuti rimarranno ovviamente all’opposizione, visto che un governo “Rot-rot-grün, tra SPD, Verdi e Linke al momento non è possibile sia perché i numeri sono insufficienti e sia perché sarebbe a livello federale una assoluta novità ancora mal digeribile dai dirigenti dell’SPD.

 

Le relazioni tra i partiti italiani e quelli tedeschi

I risultati tedeschi, come sempre, finiscono con l’avere un impatto diretto anche sul funzionamento e sul clima politico all’interno dell’Unione Europea. Specularmente al ruolo di leadership (quantomeno economica e demografica) che la Germania ricopre tra i Paesi membri, anche i partiti tedeschi da sempre ricoprono un ruolo preminente all’interno delle rispettive famiglie politiche. Ad esempio, quella dell’Unione CDU/CSU è sempre stata la delegazione nazionale più numerosa all’interno del gruppo Popolare nel Parlamento Europeo; i Verdi sono sempre stati il partito più numeroso (tranne nel 1999) nel gruppo corrispondente; similmente le delegazioni dell’SPD e della Linke sono sempre state tra le più grandi del gruppo Socialista e del gruppo della Sinistra; anche i Liberali, nonostante, a volte non abbiano superato la soglia di sbarramento del 5% che fino al 2014 valeva per la Germania, quando hanno eletto sono sempre stati una delle delegazioni più numerose del gruppo Liberale.

Da un certo punto di vista si può affermare che i partiti tedeschi hanno rappresentato l’ossatura dei gruppi parlamentari del PE e, successivamente, anche dei Partiti Politici Europei e delle Fondazioni politiche. Da questo punto di visto hanno sicuramente giovato sia le risorse economiche che caratterizzano i partiti tedeschi e le Stiftungen corrispondenti, ma anche la stabilità di affiliazione dei partiti stessi: non si registrano infatti cambi di gruppo da parte dei partiti tedeschi, come se il sistema politico del PE fosse quasi modellato su quello tedesco. Le cose si sono complicate con l’ingresso in scena di Alternative fur Deutschland. Infatti, al momento della loro prima elezione nel PE, nel 2014, i deputati del partito aderirono al gruppo Conservatore (ECR). Nel tempo, però, anche a seguito della continua radicalizzazione del partito, la delegazione al PE si è progressivamente spostata a destra, passando a Europa della Libertà e della Democrazia Diretta (EFDD) nel 2016 e a Identità e Democrazia (ID) nel 2019. Dalla quale venne espulsa nel 2024 per alcune dichiarazioni controverse sulle SS, obbligandola dunque a farsi promotore del nuovo gruppo di estrema destra di Europe of Sovereign Nations (ESN).

Attualmente, dunque, i partiti tedeschi presenti sia nel Bundestag che nel PE si collocano in cinque gruppi: in quattro di questi trovano corrispondenti partiti italiani. La CDU/CSU trova Forza Italia nel gruppo Popolare, l’SPD e il PD condividono la membership nel gruppo Socialista e Democratico, i Grünen trovano gli eletti di Europa Verde nel gruppo Verdi-Ale e gli euro-deputati della Linke trovano i deputati del M5S e di Sinistra Italiana nel gruppo Left. L’unico partito che non condivide un’appartenenza con partiti italiani è AfD, in quanto i partiti di destra italiani, Fratelli d’Italia e Lega, aderiscono rispettivamente al gruppo dei Conservatori e a quello dei Patrioti.

Figura 1: Partiti tedeschi e partiti italiani nelle affiliazioni comuni

Fonte: elaborazione dell’autore

 

Le reazioni dei partiti italiani

Quasi certamente, la CDU esprimerà il prossimo cancelliere tedesco. Uno dei primi ad esultare per successo della CDU/CSU è stato il leader di Forza Italia, Antonio Tajani, che ha certificato la continuazione del “trend vincente dei partiti appartenenti alla famiglia del Ppe, vero argine alla deriva populista”. “L’Europa ha bisogno di una Germania forte, guidata da una coalizione moderata ed esperta, e di un cancelliere capace come Merz” ha aggiunto il vicepremier.

Il segretario della Lega, Matteo Salvini, seppur non condivida nessuna alleanza formale con AfD, ha subito ricordato che “Il cambiamento vince anche in Germania! AfD raddoppia i voti, nonostante attacchi e menzogne della sinistra: stop a immigrazione clandestina e fanatismo islamico, basta con le eco-follie, priorità a pace e lavoro, Europa da cambiare radicalmente. Brava Alice Weidel, avanti così!”.

Meno entusiaste sono le dichiarazioni provenienti da Fratelli d’Italia. Nel silenzio comprensibile del capo del partito, Giorgia Meloni, che ricopre anche il ruolo istituzionale di Presidente del Consiglio, spicca la dichiarazione del capodelegazione a Strasburgo Carlo Fidanza che si concentra sulla sconfitta della sinistra e delle posizioni ecologiste, dichiarando: “I primi risultati delle elezioni tedesche certificano il minimo storico della SPD e il fallimento delle politiche rosso-verdi che da un lato hanno reso la Germania più povera e meno sicura e, dall’altro, hanno causato molti danni alle politiche europee”. Sottolinea le differenze da AfD il capogruppo di Fratelli d’Italia in commissione Esteri alla Camera, Giangiacomo Calovini, “quando un partito arriva al 20 per cento, bisogna sempre interrogarsi sul perché. Detto questo, ci sono grandi distante tra noi e AfD, il loro ingresso al governo tramite accordo con la CDU non è mai stato un tema. Non c’è alcuna apertura verso di loro. […] Più che altro fa piacere vedere un partito conservatore di centrodestra come la CDU che esce rafforzato dal voto. Favorirà ancor di più l’ottimo rapporto che c’è tra il nostro governo e la Germania”. Sempre in FdI, a dimostrazione di un dibattito ancora in corso all’interno di un partito grande e dalle molte anime,  è Cirielli quando dichiara che “In Germania parleremo con Weidel e i suoi [cioè l’AfD]. Giusto che ora entrino nel governo. Tra noi di FdI e AfD c’è contiguità sui temi, soprattutto tra gli elettori. E Trump gli fa sponda. Sbaglierebbe la CDU ad escluderli”

Tra gli sconfitti si segna la dichiarazione della segretaria del PD Elly Schlein che rimane in cautela: “Vedremo quale maggioranza si comporrà […] C’è stata una grande affluenza, la più alta dagli anni Novanta, ed una richiesta di cambiamento. È stato sconfitto il governo uscente di SPD, Verdi e liberali”. Però, sapientemente, ne approfitta per ribadire la sua linea in campo economico: “Sul voto ha pesato molto la condizione materiale delle persone: inflazione, caro energia, difficoltà delle imprese, la recessione economica. Le destre hanno la spinta di Trump e Musk ma non sono imbattibili. Non le batteremo rincorrendole ma trascinandole dove non sanno dare risposte. Qui in Italia, in particolare, sul terreno economico e sociale”.

Sul lato ecologista, il leader di Europa Verde Angelo Bonelli dichiara che “Le elezioni in Germania sono state profondamente condizionate dalle ingerenze di Elon Musk, esponente del governo Trump e proprietario della piattaforma X […] Ci troviamo di fronte a un pericoloso precedente: il proprietario di un colosso tecnologico globale ha utilizzato la sua piattaforma per alterare il dibattito pubblico, diffondendo disinformazione, amplificando le posizioni dell’estrema destra e attaccando i partiti democratici.  I Verdi in Germania hanno resistito nonostante gli attacchi e la campagna di fake news alimentata dai sostenitori dell’estrema destra. La loro presenza resta fondamentale per la stabilità democratica e la transizione ecologica in Europa.”

Infine, in ambito liberali è curioso come gli esponenti dei tre partiti che in teoria sarebbero collegati allo scomparso FDP evitino di affrontare il tema e si concentrino su altro.

Ad esempio, Matteo Renzi, leader di Italia Viva, sottolinea che, sebbene “la destra di Musk e Salvini abbia ottenuto un risultato straordinario non governerà e il numero che bisogna chiamare oggi è quello di Merz”. Inoltre, non perde occasione per colpire la premier Meloni, ricordando che “i primi viaggi del nuovo cancelliere saranno a Parigi e Varsavia, non a Roma”.

Ancora tra i liberali, il leader di Azione, Carlo Calenda ricorda che sia “positivo che in Germania la CDU abbia vinto le elezioni. Speriamo che formi un Governo forte ed europeista, il che non è scontato. L’importante è ricordarci che il futuro dell’Europa lo decidiamo solo noi europei, al di là delle differenti visioni politiche. Nessuno ci difende, nessuno ci dà gas a basso costo, né nessuno ci garantisce sicurezza. È tutto nelle nostre mani”.

Spostandoci a sinistra si nota la dichiarazione del leader di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni , che prima sottolinea la negatività del quadro politico che si sposta a destra, per poi arrivare però a sottolineare il successo dell’omonimo partito tedesco. “il voto in Germania con l’avanzata dell’estrema destra xenofoba e neofascista di AfD è una pessima notizia per l’Europa […] In questo quadro, e di fronte al crollo dell’SPD che paga le scelte sulla guerra e sulla crisi sociale, è invece straordinariamente positivo il risultato della Linke che raddoppia i voti ed è nettamente prima tra i giovani. Questo risultato dimostra una volta di più come l’alternativa al nazionalismo e alla destra si costruisce con proposte chiaramente alternative e coraggiose”.

Dalle parti del M5S l’esito tedesco assume un’altra sfumatura. Giuseppe Conte, sfidando le sensibilità dei suoi nuovi alleati al parlamento europeo di The Left, in passato sembrava in procinto di aprire un dialogo con il movimento di Sahra Wagenknecht, una delle sconfitte delle elezioni. La “sinistra conservatrice” del BSW aveva stuzzicato l’anima post-ideologica del M5S, magari fredda sul tema dell’immigrazione (e della cittadinanza). Pertanto, non si registrano entusiasmi da parte del M5S, né soddisfazioni per la Linke, nonostante condividano l’appartenenza al gruppo Left nel PE. Piuttosto dal M5S si manifestano più le preoccupazioni sul fronte della guerra. Dalla delegazione Bruxelles, in particolare, evidenziano che con una futura presidenza di Friedrich Merz si potrebbe andare verso un’ulteriore escalation sul fronte russo-ucraino. “Le note posizioni del futuro cancelliere – dice ad esempio l’eurodeputato Danilo Della Valle – favorevole all’invio di missili Taurus, non lasciano ben sperare”. Suonano diverse le parole di Roberto Fico. “L’Europa dev’essere un equilibratore rispetto alla nuova postura Usa – sostiene l’ex presidente della camera – Le elezioni tedesche porteranno Merz alla cancelleria. E anche lui ha detto che bisogna essere indipendenti, ciò che Meloni non riesce a fare perché è sempre a trazione americana”.

Infine, seppur non presente nel Parlamento Italiano si segnala il giudizio positivo del segretario di Rifondazione comunista Maurizio Acerbo, per la Linke, con la quale nel 2004, Rifondazione Comunista fondò il Partito della Sinistra Europea: “la Linke è stata premiata come il partito più coerentemente antifascista, dopo una campagna fortemente caratterizzata sulla questione sociale, schierata dalla parte della classe lavoratrice e non dei miliardari. Il crollo della SPD invece dovrebbe indurre i socialisti europei, Pd compreso, a rompere definitivamente con le loro politiche neoliberiste e guerrafondaie”.

 

Destreggiarsi tra gli alleati sconfitti e i risultati degli avversari

Da un punto di vista comunicativo appare evidente che per i partiti che condividono la stessa collocazione europea è facile condividere gli entusiasmi quando i risultati sono positivi. Questo è il caso di Forza Italia verso la CDU/CSU, con la quale condivide l’appartenenza al gruppo parlamentare del PE e al partito politico europeo.

Quando però i risultati sono negativi e ci si trova a dover dire qualcosa (come avviene per PD, Europa Verde, Italia Viva e Azione) si cerca di minimizzare la sconfitta, si prova a dire che anche gli avversari non hanno riportato vittorie strabilianti, ma si arriva anche, come nel caso di Italia Viva e Azione, a cercare quasi un’altra collocazione: il loro silenzio sul partito “fratello” FDP è eclatante così come è significativa la soddisfazione di Renzi e Calenda per la vittoria del centrodestra della CDU.

Quando non ci sono invece delle affiliazioni comuni nette (vedi il caso di Lega, Fratelli d’Italia e M5S) c’è spazio per dichiarazioni di più ampio raggio. La Lega quindi prova, seppure non sia alleata a livello internazionale all’AfD, a sfruttarne il successo e, magari in prospettiva, anche a ricomporre la frattura presente nel PE tra il gruppo dei Patrioti e quello dei Sovranisti. Ricomposizione che non interessa invece a Fratelli d’Italia, che non avendo partiti direttamente alleati nel contesto tedesco, dichiara abbastanza apertamente che l’interlocutore privilegiato è la CDU, partito di centrodestra di provenienza democratico-cristiana. È evidente come l’atteggiamento di FdI rientri nella grande strategia, già dichiarata prima delle elezioni europee del 2024, di una possibile alleanza organica tra il centrodestra del PPE e i conservatori di ECR. Infine, il M5S, che è nuovissimo alle affiliazioni europee (per tanto tempo si è auto-relegato negli Non-Iscritti del PE) e che quindi sempre ancora acerbo nel saper interpretare e sfruttare le dinamiche transnazionali. Per concludere, dunque si può affermare che in un quadro politico in continua evoluzione, le strategie comunicative dei partiti riflettono non solo la necessità di gestire i risultati elettorali, ma anche le ambizioni e le incertezze sulle alleanze, attuali e future. Tra riposizionamenti tattici e silenzi strategici, emerge chiaramente come il contesto europeo sia diventato un terreno decisivo per ridefinire identità e prospettive politiche.

 

Call for papers: Study Days on Social Movements and Political Participation – IV edizione

Nei giorni 29 e 30 maggio 2025 si terrà la IV edizione delle Giornate di studio del SISP Standing Group on Social Movements and Political Participation, organizzata in collaborazione con l’Istituto di Studi Politici “S. Pio V”, il Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale – Co.Ri.S (Sapienza Università di Roma) e la rivista Open journal of Sociopolitical Studies Partecipazione e Conflitto (PaCo).

La scadenza per la Call for Papers è il 31 marzo 2025.

Workshop su partiti e gruppi politici europei

Venerdì 6 Dicembre si è svolto il workshop all’interno del corso di “Sistema politico dell’Unione europea e internazionale”, tenuto dal prof. Enrico Calossi, nel quale gli studenti e le studentesse del corso hanno presentato le loro ricerche sui temi relativi ai partiti e ai gruppi politici europei. Ecco i titoli delle presentazioni: “L’Euroscetticismo”, “Il partito Europe of Sovereign Nations”, “European Conservatives and Reformists”, “Il Partito Verde Europeo”, “Il gruppo Renew Europe”, “Lo European Left Alliance”, “Fratelli D’Italia: inserimento nei gruppi politici europei e analisi del comportamento elettorale”.

Alberto Vannucci premiato con l’International Anticorruption Excellence Award

Il professor Alberto Vannucci è stato insignito dell’International Anticorruption Excellence Award nella categoria Academic Research and Education, per il suo contributo significativo nello studio e nella ricerca dei fenomeni corruttivi. Il premio, promosso e supportato dall’UNODC, è stato consegnato a San Jose, in Costa Rica.

Quest’anno il riconoscimento è andato anche al prof. Robert Klitgaard, economista di fama internazionale nel campo dello studio della corruzione. In passato, il riconoscimento è stato conferito a studiosi, esperti e rappresentanti delle istituzioni che hanno dato un contributo rilevante nella ricerca e nella prevenzione/contrasto della corruzione, del crimine organizzato e del riciclaggio. Tra gli italiani premiati negli anni scorsi, ricordiamo il prof. Ernesto Savona dell’Università Cattolica e il giudice Gherardo Colombo.

Open the whistle: Protecting whistleblowers through transparency, cooperation and Open Government strategies

Bulgaria, Italy and Spain face significant challenges in ensuring effective and safe protection for whistleblowers under their recent national laws adopted in 2024, transposing the EU Directive 2019/1937. Key issues include:

  • Lack of clear guidelines on the information that must be provided to potential users of reporting systems (lack of transparency).
  • General distrust by citizens and employees in internal and external reporting systems, stemming from a weak speak-up culture (lack of confidence).
  • Insufficient knowledge and training for managers of reporting systems in both the public and private sectors (lack of knowledge and training).
  • Poor cooperation and coordination among authorities, obligated parties, civil society, and other stakeholders (lack of cooperation).
  • Recent adoption of national laws leading to common implementation challenges (lack of implementation).

The project “Open the whistle: Protecting whistleblowers through transparency, cooperation and Open Government strategies” (OPWHI) will address these challenges, contributing to create a safe environment for whistleblowers and ensure the proper functioning of whistleblowing systems in these countries. 

The main objective of OPWHI is to create an environment that supports protected reporting of breaches of Union law and other infringements, promoting a culture where whistleblowers can safely speak up. This goal will be achieved by delivering capacity-building materials, training and campaigning to ensure a widespread EU whistleblowing protection policy based on a whistleblower-centred approach.

Operating within the framework of Open Government strategies, and through a cooperative approach involving Civil Society Organizations, academia, and authorities in Bulgaria, Italy and Spain, OPWHI will develop a holistic and inclusive approach founded on three pillars: Toolkits, Trainings, and Transparency. 

Proposed activities

  1. Whistleblowing Integrity Toolkit: To provide a comprehensive toolkit ensuring adequate protection for whistleblowers. This toolkit will benefit CSOs and private organisations implementing the EU Directive on whistleblower protection, as well as national and regional authorities and public servants. The toolkit’s utility will extend beyond the three involved countries and can be used elsewhere.
  2. Advanced Trainings: To offer advanced training programmes, including a train-the-trainers approach, tailored for national and regional authorities, public servants, and private organisations involved in the EU Directive’s implementation. These trainings will promote knowledge and experience exchanges, helping authorities and organisations review, improve, and adapt their procedures to incorporate best practices.
  3. Whistleblowing Strategic Campaign: To increase public knowledge and understanding of national laws transposing the EU Directive, the existence of internal and external reporting channels, and the legal remedies and protections available in case of retaliation.

Results to achieve

  1. To shape a new whistleblower protection model based on Open Government and a collective cooperative approach between authorities, academia, and CSOs, providing all parties involved in the EU Directive’s implementation with necessary guidelines.
  2. To build the capacity of CSOs, national and regional authorities, public servants, and private organisations involved in implementing the EU Directive to ensure a widespread EU whistleblowing protection policy centred on the whistleblower. This will be achieved by providing tailored training and training materials on best practices and Open Government strategies.
  3. To promote and increase awareness among the general public and potential whistleblowers about existing reporting channels and procedures, as well as the rights provided under the EU Directive, fostering a cultural paradigm shift towards trust in whistleblower narratives.

Partners:

 

Funded by the European Union (Project: 101140801 — Call: CERV-2023-CHAR-LITI-WHISTLE)

Project development: 01/03/2024 – 28/02/2026

Incontro “L’Europa al voto per l’ambiente”, 4 giugno, Pisa

Martedì 4 Giugno, alle ore 17 a Pisa, presso il Polo Piagge, Aula M1, si terrà l’incontro dal titolo “L’Europa al voto per l’ambiente”, organizzato da Legambiente Pisa.

All’iniziativa interverranno il direttore dell’ufficio europeo di Legambiente, Mauro Albrizio, e Enrico Calossi, professore di Scienza Politica presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Pisa. Il dialogo verterà sul significato delle prossime elezioni europee.

L’ingresso è libero.