Rapporti tra partiti fratelli “Sister parties”
Da sempre i partiti politici intrattengono relazioni internazionali con partiti di altri Paesi. Questo serve per scambiare opinioni ed esperienze, coordinare le proprie attività istituzionali, formare i propri quadri, condurre campagne transnazionali, etc. A maggior ragione la cooperazione avviene tra i partiti della stessa famiglia politica e all’interno del pervasivo ambiente istituzionale rappresentato dall’Unione Europea. Dunque, per i partiti della Paesi della UE, questi rapporti con i “partiti fratelli” (“sister parties” in inglese) possono avvenire sia nell’ambito delle Internazionali mondiali (ad es. l’Internazionale Socialista, l’Internazionale Democratica Centrista, l’Internazionale Liberale, etc.) ma anche all’interno degli attori finanziati dall’Unione Europea: cioè all’interno dei partiti politici europei o nei gruppi politici del Parlamento Europeo (PE). Su quale dei due ambiti sia il più utile è il più proficuo esiste un dibattito tutt’ora in corso, ma appare evidente che i gruppi parlamentari del PE, avendo più risorse e legittimità, siano considerati dai partiti nazionali il terreno più ambito nel quale cooperare. Infine, i partiti possono cooperare nel mondo più classico, cioè direttamente, tramite la cooperazione bilaterale transnazionale. Questo commento si concentra su come i rapporti bilaterali tra i partiti italiani e quelli tedeschi abbiano prodotto reazioni diverse in seguito alle elezioni federali tedesche che si sono tenute domenica 23 febbraio 2025.
I risultati elettorali e il nuovo Bundestag
Il primo dato da segnalare è la crescita della partecipazione elettorale dei cittadini. Dei 60 milioni di aventi diritto l’82,5% si sono recati alle urne, che rappresenta la partecipazione più alta mai raggiunta dalla Germania riunificata nel 1990: un balzo di 6,2% rispetto al 2021.
Analizzando nel dettaglio le performances dei vari partiti, si parte dal rendimento dei tre partiti che sono stati partner di governo nell’esecutivo Scholz dal 2021 al 2024. Tutti e tre escono dalle urne come i grandi sconfitti. I Verdi hanno limitato i danni, calando solo del 3,1%, mentre Socialisti e Liberali hanno avuto tracolli rilevanti. I socialisti della SPD hanno perso ben 9,3 punti percentuali, puniti loro peggior risultato nella storia della repubblica federale tedesca; i liberali hanno subito un calo meno consistente (-7,1%), ma questo è bastato per relegarli sotto la soglia di sbarramento del 5% ed espellerli dal Bundestag. Tra gli sconfitti anche il nuovo partito personale “Alleanza Sahra Wagenknecht” (BSW). I sondaggi pre-elettorali lo davano costantemente oltre il 5% fino a poche settimane dal voto o addirittura in crescita rispetto al 6,17% ottenuto alle elezioni europee: il 4,97% ottenuto domenica sa di beffa, ma rappresenta comunque una sconfitta per la storica esponente della sinistra tedesca.
Altri tre partiti, oltre al piccolo partito della minoranza danese, eleggono al Bundestag e, a vario grado, risultano come i vincitori di queste elezioni. Vince ovviamente l’estrema destra dell’Alternative fur Deutschland (AfD), il cui successo era ampiamente previsto dai sondaggi d’opinione e che è stato confermato con il 20,8%, ben 10,3 punti in più rispetto a quattro anni fa. Mai un partito di estrema destra aveva raggiunto queste percentuali nella Germania del dopoguerra. Però, molto probabilmente, i 152 deputati dell’AfD non serviranno a formare alleanze nel nuovo parlamento. Infatti, l’Unione tra CDU e CSU, pur ottenendo con il 28,5% dei voti (+4,4% rispetto a quattro anni fa) il secondo peggior risultato della sua storia, è risultata comunque vincitrice e ha già escluso un’alleanza di governo con l’AfD, dimostrando che il cordone sanitario contro l’estrema destra ancora tiene. Rimane dunque la strada di una nuova edizione della Grosse Koalition con i socialisti dell’SPD. Anche se definirla “grosse” appare questa volta un eufemismo, visto che tale eventualità potrà basarsi solo su 328 seggi. Appena 13 seggi garantirebbero la maggioranza all’interno del Bundestag (316 seggi su 630 membri): il più piccolo margine di sempre. Per questo si ipotizza anche un ingresso dei Verdi in maggioranza.
Infine, dall’altro lato dello spettro politico, è da segnalare la crescita di Die Linke, che negli ultimi mesi ha saputo sganciarsi da sondaggi elettorali impietosi (nei quali ondeggiava sul 2%, addirittura sotto il magro 2,7% ottenuto alle elezioni Europee del giugno 2024) e alla fine ha raggiunto l’8,8%, crescendo di quasi 4 punti rispetto alle precedenti elezioni. I 64 seggi ottenuti rimarranno ovviamente all’opposizione, visto che un governo “Rot-rot-grün”, tra SPD, Verdi e Linke al momento non è possibile sia perché i numeri sono insufficienti e sia perché sarebbe a livello federale una assoluta novità ancora mal digeribile dai dirigenti dell’SPD.
Le relazioni tra i partiti italiani e quelli tedeschi
I risultati tedeschi, come sempre, finiscono con l’avere un impatto diretto anche sul funzionamento e sul clima politico all’interno dell’Unione Europea. Specularmente al ruolo di leadership (quantomeno economica e demografica) che la Germania ricopre tra i Paesi membri, anche i partiti tedeschi da sempre ricoprono un ruolo preminente all’interno delle rispettive famiglie politiche. Ad esempio, quella dell’Unione CDU/CSU è sempre stata la delegazione nazionale più numerosa all’interno del gruppo Popolare nel Parlamento Europeo; i Verdi sono sempre stati il partito più numeroso (tranne nel 1999) nel gruppo corrispondente; similmente le delegazioni dell’SPD e della Linke sono sempre state tra le più grandi del gruppo Socialista e del gruppo della Sinistra; anche i Liberali, nonostante, a volte non abbiano superato la soglia di sbarramento del 5% che fino al 2014 valeva per la Germania, quando hanno eletto sono sempre stati una delle delegazioni più numerose del gruppo Liberale.
Da un certo punto di vista si può affermare che i partiti tedeschi hanno rappresentato l’ossatura dei gruppi parlamentari del PE e, successivamente, anche dei Partiti Politici Europei e delle Fondazioni politiche. Da questo punto di visto hanno sicuramente giovato sia le risorse economiche che caratterizzano i partiti tedeschi e le Stiftungen corrispondenti, ma anche la stabilità di affiliazione dei partiti stessi: non si registrano infatti cambi di gruppo da parte dei partiti tedeschi, come se il sistema politico del PE fosse quasi modellato su quello tedesco. Le cose si sono complicate con l’ingresso in scena di Alternative fur Deutschland. Infatti, al momento della loro prima elezione nel PE, nel 2014, i deputati del partito aderirono al gruppo Conservatore (ECR). Nel tempo, però, anche a seguito della continua radicalizzazione del partito, la delegazione al PE si è progressivamente spostata a destra, passando a Europa della Libertà e della Democrazia Diretta (EFDD) nel 2016 e a Identità e Democrazia (ID) nel 2019. Dalla quale venne espulsa nel 2024 per alcune dichiarazioni controverse sulle SS, obbligandola dunque a farsi promotore del nuovo gruppo di estrema destra di Europe of Sovereign Nations (ESN).
Attualmente, dunque, i partiti tedeschi presenti sia nel Bundestag che nel PE si collocano in cinque gruppi: in quattro di questi trovano corrispondenti partiti italiani. La CDU/CSU trova Forza Italia nel gruppo Popolare, l’SPD e il PD condividono la membership nel gruppo Socialista e Democratico, i Grünen trovano gli eletti di Europa Verde nel gruppo Verdi-Ale e gli euro-deputati della Linke trovano i deputati del M5S e di Sinistra Italiana nel gruppo Left. L’unico partito che non condivide un’appartenenza con partiti italiani è AfD, in quanto i partiti di destra italiani, Fratelli d’Italia e Lega, aderiscono rispettivamente al gruppo dei Conservatori e a quello dei Patrioti.
Figura 1: Partiti tedeschi e partiti italiani nelle affiliazioni comuni
Fonte: elaborazione dell’autore
Le reazioni dei partiti italiani
Quasi certamente, la CDU esprimerà il prossimo cancelliere tedesco. Uno dei primi ad esultare per successo della CDU/CSU è stato il leader di Forza Italia, Antonio Tajani, che ha certificato la continuazione del “trend vincente dei partiti appartenenti alla famiglia del Ppe, vero argine alla deriva populista”. “L’Europa ha bisogno di una Germania forte, guidata da una coalizione moderata ed esperta, e di un cancelliere capace come Merz” ha aggiunto il vicepremier.
Il segretario della Lega, Matteo Salvini, seppur non condivida nessuna alleanza formale con AfD, ha subito ricordato che “Il cambiamento vince anche in Germania! AfD raddoppia i voti, nonostante attacchi e menzogne della sinistra: stop a immigrazione clandestina e fanatismo islamico, basta con le eco-follie, priorità a pace e lavoro, Europa da cambiare radicalmente. Brava Alice Weidel, avanti così!”.
Meno entusiaste sono le dichiarazioni provenienti da Fratelli d’Italia. Nel silenzio comprensibile del capo del partito, Giorgia Meloni, che ricopre anche il ruolo istituzionale di Presidente del Consiglio, spicca la dichiarazione del capodelegazione a Strasburgo Carlo Fidanza che si concentra sulla sconfitta della sinistra e delle posizioni ecologiste, dichiarando: “I primi risultati delle elezioni tedesche certificano il minimo storico della SPD e il fallimento delle politiche rosso-verdi che da un lato hanno reso la Germania più povera e meno sicura e, dall’altro, hanno causato molti danni alle politiche europee”. Sottolinea le differenze da AfD il capogruppo di Fratelli d’Italia in commissione Esteri alla Camera, Giangiacomo Calovini, “quando un partito arriva al 20 per cento, bisogna sempre interrogarsi sul perché. Detto questo, ci sono grandi distante tra noi e AfD, il loro ingresso al governo tramite accordo con la CDU non è mai stato un tema. Non c’è alcuna apertura verso di loro. […] Più che altro fa piacere vedere un partito conservatore di centrodestra come la CDU che esce rafforzato dal voto. Favorirà ancor di più l’ottimo rapporto che c’è tra il nostro governo e la Germania”. Sempre in FdI, a dimostrazione di un dibattito ancora in corso all’interno di un partito grande e dalle molte anime, è Cirielli quando dichiara che “In Germania parleremo con Weidel e i suoi [cioè l’AfD]. Giusto che ora entrino nel governo. Tra noi di FdI e AfD c’è contiguità sui temi, soprattutto tra gli elettori. E Trump gli fa sponda. Sbaglierebbe la CDU ad escluderli”
Tra gli sconfitti si segna la dichiarazione della segretaria del PD Elly Schlein che rimane in cautela: “Vedremo quale maggioranza si comporrà […] C’è stata una grande affluenza, la più alta dagli anni Novanta, ed una richiesta di cambiamento. È stato sconfitto il governo uscente di SPD, Verdi e liberali”. Però, sapientemente, ne approfitta per ribadire la sua linea in campo economico: “Sul voto ha pesato molto la condizione materiale delle persone: inflazione, caro energia, difficoltà delle imprese, la recessione economica. Le destre hanno la spinta di Trump e Musk ma non sono imbattibili. Non le batteremo rincorrendole ma trascinandole dove non sanno dare risposte. Qui in Italia, in particolare, sul terreno economico e sociale”.
Sul lato ecologista, il leader di Europa Verde Angelo Bonelli dichiara che “Le elezioni in Germania sono state profondamente condizionate dalle ingerenze di Elon Musk, esponente del governo Trump e proprietario della piattaforma X […] Ci troviamo di fronte a un pericoloso precedente: il proprietario di un colosso tecnologico globale ha utilizzato la sua piattaforma per alterare il dibattito pubblico, diffondendo disinformazione, amplificando le posizioni dell’estrema destra e attaccando i partiti democratici. I Verdi in Germania hanno resistito nonostante gli attacchi e la campagna di fake news alimentata dai sostenitori dell’estrema destra. La loro presenza resta fondamentale per la stabilità democratica e la transizione ecologica in Europa.”
Infine, in ambito liberali è curioso come gli esponenti dei tre partiti che in teoria sarebbero collegati allo scomparso FDP evitino di affrontare il tema e si concentrino su altro.
Ad esempio, Matteo Renzi, leader di Italia Viva, sottolinea che, sebbene “la destra di Musk e Salvini abbia ottenuto un risultato straordinario non governerà e il numero che bisogna chiamare oggi è quello di Merz”. Inoltre, non perde occasione per colpire la premier Meloni, ricordando che “i primi viaggi del nuovo cancelliere saranno a Parigi e Varsavia, non a Roma”.
Ancora tra i liberali, il leader di Azione, Carlo Calenda ricorda che sia “positivo che in Germania la CDU abbia vinto le elezioni. Speriamo che formi un Governo forte ed europeista, il che non è scontato. L’importante è ricordarci che il futuro dell’Europa lo decidiamo solo noi europei, al di là delle differenti visioni politiche. Nessuno ci difende, nessuno ci dà gas a basso costo, né nessuno ci garantisce sicurezza. È tutto nelle nostre mani”.
Spostandoci a sinistra si nota la dichiarazione del leader di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni , che prima sottolinea la negatività del quadro politico che si sposta a destra, per poi arrivare però a sottolineare il successo dell’omonimo partito tedesco. “il voto in Germania con l’avanzata dell’estrema destra xenofoba e neofascista di AfD è una pessima notizia per l’Europa […] In questo quadro, e di fronte al crollo dell’SPD che paga le scelte sulla guerra e sulla crisi sociale, è invece straordinariamente positivo il risultato della Linke che raddoppia i voti ed è nettamente prima tra i giovani. Questo risultato dimostra una volta di più come l’alternativa al nazionalismo e alla destra si costruisce con proposte chiaramente alternative e coraggiose”.
Dalle parti del M5S l’esito tedesco assume un’altra sfumatura. Giuseppe Conte, sfidando le sensibilità dei suoi nuovi alleati al parlamento europeo di The Left, in passato sembrava in procinto di aprire un dialogo con il movimento di Sahra Wagenknecht, una delle sconfitte delle elezioni. La “sinistra conservatrice” del BSW aveva stuzzicato l’anima post-ideologica del M5S, magari fredda sul tema dell’immigrazione (e della cittadinanza). Pertanto, non si registrano entusiasmi da parte del M5S, né soddisfazioni per la Linke, nonostante condividano l’appartenenza al gruppo Left nel PE. Piuttosto dal M5S si manifestano più le preoccupazioni sul fronte della guerra. Dalla delegazione Bruxelles, in particolare, evidenziano che con una futura presidenza di Friedrich Merz si potrebbe andare verso un’ulteriore escalation sul fronte russo-ucraino. “Le note posizioni del futuro cancelliere – dice ad esempio l’eurodeputato Danilo Della Valle – favorevole all’invio di missili Taurus, non lasciano ben sperare”. Suonano diverse le parole di Roberto Fico. “L’Europa dev’essere un equilibratore rispetto alla nuova postura Usa – sostiene l’ex presidente della camera – Le elezioni tedesche porteranno Merz alla cancelleria. E anche lui ha detto che bisogna essere indipendenti, ciò che Meloni non riesce a fare perché è sempre a trazione americana”.
Infine, seppur non presente nel Parlamento Italiano si segnala il giudizio positivo del segretario di Rifondazione comunista Maurizio Acerbo, per la Linke, con la quale nel 2004, Rifondazione Comunista fondò il Partito della Sinistra Europea: “la Linke è stata premiata come il partito più coerentemente antifascista, dopo una campagna fortemente caratterizzata sulla questione sociale, schierata dalla parte della classe lavoratrice e non dei miliardari. Il crollo della SPD invece dovrebbe indurre i socialisti europei, Pd compreso, a rompere definitivamente con le loro politiche neoliberiste e guerrafondaie”.
Destreggiarsi tra gli alleati sconfitti e i risultati degli avversari
Da un punto di vista comunicativo appare evidente che per i partiti che condividono la stessa collocazione europea è facile condividere gli entusiasmi quando i risultati sono positivi. Questo è il caso di Forza Italia verso la CDU/CSU, con la quale condivide l’appartenenza al gruppo parlamentare del PE e al partito politico europeo.
Quando però i risultati sono negativi e ci si trova a dover dire qualcosa (come avviene per PD, Europa Verde, Italia Viva e Azione) si cerca di minimizzare la sconfitta, si prova a dire che anche gli avversari non hanno riportato vittorie strabilianti, ma si arriva anche, come nel caso di Italia Viva e Azione, a cercare quasi un’altra collocazione: il loro silenzio sul partito “fratello” FDP è eclatante così come è significativa la soddisfazione di Renzi e Calenda per la vittoria del centrodestra della CDU.
Quando non ci sono invece delle affiliazioni comuni nette (vedi il caso di Lega, Fratelli d’Italia e M5S) c’è spazio per dichiarazioni di più ampio raggio. La Lega quindi prova, seppure non sia alleata a livello internazionale all’AfD, a sfruttarne il successo e, magari in prospettiva, anche a ricomporre la frattura presente nel PE tra il gruppo dei Patrioti e quello dei Sovranisti. Ricomposizione che non interessa invece a Fratelli d’Italia, che non avendo partiti direttamente alleati nel contesto tedesco, dichiara abbastanza apertamente che l’interlocutore privilegiato è la CDU, partito di centrodestra di provenienza democratico-cristiana. È evidente come l’atteggiamento di FdI rientri nella grande strategia, già dichiarata prima delle elezioni europee del 2024, di una possibile alleanza organica tra il centrodestra del PPE e i conservatori di ECR. Infine, il M5S, che è nuovissimo alle affiliazioni europee (per tanto tempo si è auto-relegato negli Non-Iscritti del PE) e che quindi sempre ancora acerbo nel saper interpretare e sfruttare le dinamiche transnazionali. Per concludere, dunque si può affermare che in un quadro politico in continua evoluzione, le strategie comunicative dei partiti riflettono non solo la necessità di gestire i risultati elettorali, ma anche le ambizioni e le incertezze sulle alleanze, attuali e future. Tra riposizionamenti tattici e silenzi strategici, emerge chiaramente come il contesto europeo sia diventato un terreno decisivo per ridefinire identità e prospettive politiche.